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Abito bianco o colorato? C'è un mito da sfatare



Il bianco è una scelta. Ma non l’unica possibile.

Perché non bisogna dimenticare che l’abito da sposa deve, prima di tutto, parlare della donna che lo indossa. Non a caso, in origine, ogni donna indossava, per il giorno delle nozze, l’abito che meglio rappresentava la famiglia di provenienza. Colori brillanti, tessuti pregiati, stoffe decorate con ricami e arricchite da particolari: ogni abito era diverso dall'altro.

La prima a scegliere un abito bianco fu la principessa Filippa, figlia di Enrico IV d’Inghilterra, che sposò Erik di Danimarca nel 1406 indossando una tunica e un mantello di seta bianca, bordati di pelliccia di vaio e di ermellino. Nel novembre 1501 una quindicenne Caterina d’Aragona sposò Arthur Tudor in un abito di raso bianco, ricamato con perle e fili d’oro: aveva i capelli sciolti sulle spalle, a simboleggiare la sua verginità.

Bisogna aspettare gli anni ’30 del Novecento per vedere affermarsi nell’immaginario collettivo del rito nuziale l’abito da sposa come l’intendiamo oggi - bianco, lungo, adornato di velo e di un bouquet di fiori – che tutt’oggi è diffuso soprattutto per distinguere la sposa dalle invitate. Ecco perché credo che ogni donna debba poter portare addosso il colore che sente più suo, affidando al buon gusto e allo stile il compito di fare il resto. Ed ecco perché, nel mio Atelier AlbaChiara, realizzo anche abiti da sposa colorati.

Consiglio sempre colori pastello e nuance calde, mentre eviterei il blu, il marrone e il nero. Trovo originali il grigio e le gradazioni tenui del tortora; il verde per un matrimonio di tendenza, magari con cerimonia in campagna. Il rosso, invece, per una sposa dal temperamento passionale: me la immagino come una donna che sa stupire, che ama il buon cibo e la bella compagnia e, perché no, anche un calice di vino rosso.


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